«Stavamo scendendo dalla Tambura. Erano da poco passate le 10,30. Eravamo tutti sul sentiero del Cai, è largo ma era coperto di neve ghiacciata. Non si vedeva neanche la Via Vandelli, che era sotto di noi, tanta era la neve. E’ scivolato, non è riuscito a tenersi, ma quando è successo io ero girato, non l’ho visto». Matteo Conti, il nipote di Marco Bonotti, ha gli occhi gonfi e rossi, tanto ha pianto. Accetta di scambiare due parole con il giornalista mentre è seduto sulla panchina accanto all’edificio che ospita la sala mortuaria dove giace, da pochi minuti, il corpo di suo zio. Era partito insieme a lui e ad un gruppetto di amici, al mattino presto, per andare sulla Tambura. Una montagna che entrambi conoscevano bene, soprattutto lo zio. Intendiamoci, non parliamo di alpinisti professionisti ma non stavano scalando una vetta inviolata. E a quanto dicono erano tutti abbastanza allenati e prudenti.