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Il Tar: lede il principio di uguaglianza, decida la Corte Costituzionale. Confindustria: era illegittimo stoppare tutta la cava
Sarà la Corte Costituzionale a stabilire la legittimità del limite dei mille metri cubi di sforamento per il quale scatta lo stop della cava. Lo ha stabilito il Tar, con una ordinanza specifica che integra la sentenza relativa al caso di Lorano II: «Non appare ragionevole che a fronte della diversità delle dimensioni delle cave la legislazione regionale toscana preveda un limite di tolleranza generale negli scavi, rispetto ai volumi autorizzati, espresso in termini quantitativi anziché in termini proporzionali alle dimensioni di ciascun sito estrattivo. Per questi motivi - si scrive nell'ordinanza - il Collegio ritiene di proporre d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, lett. a) della L. R. n. 35/2015 per contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza in quanto prevede un medesimo trattamento per situazione diverse tra loro».Oltre all'ordinanza definitiva su Lorano II, il Tar ha pubblicato le sentenze non definitive anche su Canalgrande, Ingra e Cava di Sponda e che ricalcano quanto già stabilito per Lorano II.
Gli industriali: ora d'obbligo rivedere tutto il sistema sanzionatorio
Confindustria osserva inoltre che «le aziende che hanno subito una sospensione totale possono richiedere il risarcimento del danno».Come diciamo a fianco, Confindustria ricorda poi che «l'articolo 23, comma 1, lettera a) della Legge Regionale Toscana 35/2015, che considera variante essenziale il superamento della volumetria di 1000 mc, con conseguente decadenza dall'autorizzazione e dalla concessione, è norma che appare incostituzionale, tenendo conto delle diverse estensioni delle cave e del fatto che le variazioni rispetto alla linea di progetto, che possono raggiungere i 1000 mc anche sommando variazioni diverse, avvengono spesso per ragioni di sicurezza o di buona tecnica di lavorazione. Conseguentemente dovrebbero essere stabilite tolleranze diverse.
Il presidente erich lucchetti «Che le nostre non erano pretese ma richieste di rispetto di diritti previsti dalla legge ne eravamo già convinti, ma ora abbiamo anche la certificazione dei giudici amministrativi. E questo ci conforta ad andare avanti nel confronto con le istituzioni, Comune e Regione in primis, per arrivare ad avere chiarezza definitiva e quindi certezze alle imprese e ai lavoratori del marmo»: così Erich Lucchetti, il presidente degli industriali di Massa-Carrara commenta le recenti sentenze del Tar sul merito dei ricorsi presentati nei confronti dell'applicazione della Legge Regionale 35/2015 da parte del Comune di Carrara.«Del resto come industriali già in tempi non sospetti - ricorda Lucchetti - avevamo fatto presente alla Regione che in quella normativa c'erano aspetti che violavano i principi costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza e che quindi avrebbero potuto produrre violazioni di diritti e di conseguenza innescare diatribe giuridiche che invece potevano essere evitate intervenendo per tempo e alla fonte. Purtroppo non siamo stati ascoltati».
Palazzo civico interpreta così le sentenze del Tar: è solo grazie a noi
se è stato introdotto il 58 bis ed è stato così scongiurata la chiusura delle cave
«Il Tar con le sentenze sui "fuori piano" ha definitivamente sancito la fine una gestione all'insegna dell'illegalità. E ora le aziende la smettano con i ricorsi»: è questo il commento a caldo del sindaco Francesco De Pasquale agli ultimi pronunciamenti del Tribunale amministrativo regionale che, a suo avviso, «ribadiscono definitivamente il principio rivendicato e condiviso dall'amministrazione comunale sulla interpretazione del concetto di perimetro estrattivo e sull'illegittimità delle varianti postume con l'obiettivo di tutelare la sicurezza dei lavoratori, il paesaggio e l'ambiente.
diverse le motivazioni
Proprio mentre prosegue la pubblicazione delle sentenze del Tar della Toscana, secondo le quali è illegittimo sospendere tutta l'attività di una cava in cui sia stato sforato il limite dei mille metri cubi, ma occorre semmai stoppare solo l'area in cui si è verificata la difformità, da registrare che al momento ci sono due cave ferme, per motivi diversi.Una, la numro 84 Galleria Ravaccione, gestita dalla Marmi Galleria Ravaccione di Eugenio Dell'Amico, è ferma da una settimana proprio per problemi legati allo sforamento del limite: «Abbiamo segnalato noi stessi la problematica - spiega Dell'Amico - ora auspico che possa esserci presto un chiarimento. Noi speriamo di poter riprendere al più presto, sia per i posti di lavoro diretti che per quelli legati all'indotto. Non è mai semplice doversi fermare. Sono fiducioso e, ripeto, spero che con il dialogo si riesca a risolvere tutto per il meglio».Un po' diversa la situazione della cava 85 Fantiscritti A, della ditta Tonini Cave Fantiscritti A.
l'assessore al marmo
«Ora auspico che la Regione possa di sua iniziativa variare l'articolo della legge 35 del 2015, quello per il quale il Tar ha disposto la questione di legittimità. Una modifica che vada nel senso dell'equilibrio e in grado di distinguere fra chi, e può capitare, sfora in modo non eccessivo rispetto al piano di coltivazione perché in qualche modo deve seguire le lavorazioni in atto, e chi invece deliberatamente cerca di approfittarsene». Così il vicesindaco e assessore al marmo Matteo Martinelli commenta le sentenze del Tar